... MARE FORZA "OTTO"
La poetica di Ninnj Di Stefano Busà (2001)
(a cura di Antonio Coppola)
Estrapolato da uno dei cap. che compongono la monografia del critico/giornalista Direttore de: I fiori del male, Antonio Coppola sulla scrittrice Ninnj Di Stefano
L'ampia premessa a questo poderoso studio critico, nell'’ordine, si avvale di una dotta indagine approfondita e di un coraggioso resoconto sullo stato quantitativo e qualificativo della produzione poetica nell’'ultimo trentennio. Le verità, esposte sui poteri culturali, editoriali ed economici, sono solari. L’accusa contro la gestione tribunizia è molto ben documentata, frutto, oltre che di esperienze dirette anche di autorevoli interventi su come naviga la cultura poetica di questo fine secolo. La colpa principale del degrado sta nella complicità e nella debolezza della critica, che ha perso per fini di lucro la sua tradizionale autonomia.
Le recensioni che glorificano tantissima poesia banale e inetta, o perché sono fatte da persone amiche incompetenti o perché sono pagate, deturpano e inficiano il bene ultimo del valore poetico. Anche ben note personalità del mondo universitario dispensano fumi d’incenso, purché ben remunerate. Le voci del dissenso sono come “lucciole d’inverno”. La frana è inarrestabile. Le poche voci oneste non fanno coro, muoiono confuse nel vasto franare. La poesia è tutta una moda.
Tutti oggi vogliono essere poeti e pubblicare, far sapere che hanno vinto tanti, tantissimi primi premi. Se così stanno le cose, per la salute della poesia, non bisogna che tacere. II lavoro di indagine passa per espressioni di un folle, di uno che predica sventure, che confonde e non discerne il bene dal male, una poetica bella da quella brutta. Si vive in una società che non ama la verità; vuole, anzi, predilige l’inganno, la magia ottusa del travestimento, del travisamento, subisce il fascino delle mode inconcludenti che si fanno beffa del fatto estetico.
L’elaborazione critica di questo poderoso volume, attenta, severa, meditata, frutto di giornate intense di letture, di organizzazione del pensiero, è una ulteriore prova del possesso di acuta intelligenza, di finezza intuitiva, di assoluta padronanza dei mezzi espressivi, analitici, logici che sono stati con obiettività e coscienza tracciati e centrati, utilizzati con saggezza ed acume per scandagliare in profondità tutte le complesse ramificazioni di una produzione poetica di tutto rispetto, anche inedita, della Di Stefano Busà, la quale per registri espressivi tocca vertici di invidiabile purezza e per ricchezza di immagini esercita attrazione nell’'anima del lettore. Questa della Di Stefano Busà, da ciò che ho letto, è poesia non certo per menti comuni. Fra tante voci di rozze e rotte campane, la poetessa in questione ha una spiritualità lirica inconfondibile e fruibile da spiriti eletti.
La metodologia esegetica di Antonio Coppola si rivela un punto di partenza e non di arrivo della produzione letteraria di questa figura interessante e autorevole della cultura contemporanea, e si prefigge come punto di riferimento per altre e più approfondite indagini a chi volesse penetrare il mondo lirico e le ragioni molteplici di questo caso letterario. In definitiva si potrebbe dire che Coppola ha coraggio e fede nella poesia: coraggio di esporre le sue idee in contrasto con le regole comuni del gioco, e in opposizione al malcostume imperante che vede nella poesia un fenomeno trascurabile dell’artificio e della speculazione redditizia. Niente di meno indicato e deprecabile per la voce che viene dall’'anima, come potrebbe essere il fatto poetico.
La poetica di Ninnj Di Stefano Busà (2001)
(a cura di Antonio Coppola)
Estrapolato da uno dei cap. che compongono la monografia del critico/giornalista Direttore de: I fiori del male, Antonio Coppola sulla scrittrice Ninnj Di Stefano
L'ampia premessa a questo poderoso studio critico, nell'’ordine, si avvale di una dotta indagine approfondita e di un coraggioso resoconto sullo stato quantitativo e qualificativo della produzione poetica nell’'ultimo trentennio. Le verità, esposte sui poteri culturali, editoriali ed economici, sono solari. L’accusa contro la gestione tribunizia è molto ben documentata, frutto, oltre che di esperienze dirette anche di autorevoli interventi su come naviga la cultura poetica di questo fine secolo. La colpa principale del degrado sta nella complicità e nella debolezza della critica, che ha perso per fini di lucro la sua tradizionale autonomia.
Le recensioni che glorificano tantissima poesia banale e inetta, o perché sono fatte da persone amiche incompetenti o perché sono pagate, deturpano e inficiano il bene ultimo del valore poetico. Anche ben note personalità del mondo universitario dispensano fumi d’incenso, purché ben remunerate. Le voci del dissenso sono come “lucciole d’inverno”. La frana è inarrestabile. Le poche voci oneste non fanno coro, muoiono confuse nel vasto franare. La poesia è tutta una moda.
Tutti oggi vogliono essere poeti e pubblicare, far sapere che hanno vinto tanti, tantissimi primi premi. Se così stanno le cose, per la salute della poesia, non bisogna che tacere. II lavoro di indagine passa per espressioni di un folle, di uno che predica sventure, che confonde e non discerne il bene dal male, una poetica bella da quella brutta. Si vive in una società che non ama la verità; vuole, anzi, predilige l’inganno, la magia ottusa del travestimento, del travisamento, subisce il fascino delle mode inconcludenti che si fanno beffa del fatto estetico.
L’elaborazione critica di questo poderoso volume, attenta, severa, meditata, frutto di giornate intense di letture, di organizzazione del pensiero, è una ulteriore prova del possesso di acuta intelligenza, di finezza intuitiva, di assoluta padronanza dei mezzi espressivi, analitici, logici che sono stati con obiettività e coscienza tracciati e centrati, utilizzati con saggezza ed acume per scandagliare in profondità tutte le complesse ramificazioni di una produzione poetica di tutto rispetto, anche inedita, della Di Stefano Busà, la quale per registri espressivi tocca vertici di invidiabile purezza e per ricchezza di immagini esercita attrazione nell’'anima del lettore. Questa della Di Stefano Busà, da ciò che ho letto, è poesia non certo per menti comuni. Fra tante voci di rozze e rotte campane, la poetessa in questione ha una spiritualità lirica inconfondibile e fruibile da spiriti eletti.
La metodologia esegetica di Antonio Coppola si rivela un punto di partenza e non di arrivo della produzione letteraria di questa figura interessante e autorevole della cultura contemporanea, e si prefigge come punto di riferimento per altre e più approfondite indagini a chi volesse penetrare il mondo lirico e le ragioni molteplici di questo caso letterario. In definitiva si potrebbe dire che Coppola ha coraggio e fede nella poesia: coraggio di esporre le sue idee in contrasto con le regole comuni del gioco, e in opposizione al malcostume imperante che vede nella poesia un fenomeno trascurabile dell’artificio e della speculazione redditizia. Niente di meno indicato e deprecabile per la voce che viene dall’'anima, come potrebbe essere il fatto poetico.
L'esame diacronico di un autore vivente è quasi sempre parziale, anche se le buone intenzioni dell'estensore sono puntate al meglio.Maggiormente se l'autore/ce (è il ns. caso), ha un corpus di opere fitte che se valutate insieme raggiungono o superano duemila pp: tra scritti, recensioni, saggi, interviste, aforismi, articoli, note di svariata natura. Già vuol dire tanto che l'autrice ha già al suo attivo altre tre monografie precedenti. Fin qui è stato rischiarato il suo ricco repertorio, ma solo sfiorato il versante saggistico-critico, assai vasto e mobile per essere esaminato in questa sede. Vogliamo dire che il giro a 360° non è stato possibile intorno al pianeta Di Stefano Busà, perché tali e tante sono le forme poliedriche del suo fare cultura. Perciò inevitabilmente il compito è demandato al futuro. Noi fin qui ne abbiamo attraversato un piccolo territorio, ma sono troppe le strade che conducono a lei: la produzione appare ingente e non può essere esplorata tout court per ragioni di spazio e competenze. Necessiterà di più euristica indagine. Chi la conosce, anche solo un po', sa che da quest'autrice ci si può aspettare tanto, e a sorpresa. Di lei la visuale dedotta è solo una bussola orientativa, perché visionarlo al completo spetta al futuro, tanto è vasto. Fin qui non sono stati esaminati di lei pareri su testi di Filosofia estetica il cui apparato è troppo esteso e specifico per questo studio esegetico. La Di Stefanoaffonda le sue tesi e argomentazioni su aspetti e teoretiche d'ampio raggio. Siamo costretti ad eludere ad es: le numerose interviste rilasciate negli anni, le cui argomentazioni meriterebbero un discorso a parte. Certamente, si dedurrà, che si tratta di un'autrice che lascia interdetti; chi l'ha conosciuta ha potuto apprezzarne la dotta preparazione "specifica" della materia linguistico/leteraria, la conoscenza di molte discipline, soprattutto il suo volontariato culturale <in primis>. Ella riesce a dare agli altri sempre il dono di sé, la concreta certezza che chi fa poesia va premiato, non castigato, né rilegato ai margini: consapevole come ella è, di quanto l'estetica del Bello definisca la vera umanità di chi la possiede. Io mi sono nutrito finora del suo linguaggio polisemico che mi si è offerto come rifugio.