LA DISERTIFICAZIONE DELLA CULTURA MODERNA PREVEDE L’ECLISSI DELLA POESIA?
di (Ninnj Di Stefano Busà)
La contemporaneità corre il rischio di una desertificazione di massa. Chi non ha punti di riferimento, volontà propria e idee chiare asseconda un vento che disperde i semi della cultura, o li orienta debolmente verso quelli che sono i valori cognitivi e prioritari dell’intelligenza e del sapere. Ogni uomo è dotato per sua natura di un quoziente intellettivo almeno di media entità, ma se si lascia inaridire senza apportarvi un minimo di alimento si troverà ridotto ai minimi termini da un’impasse epocale, che sta riducendo l’individuo a fantoccio, nelle mani di un sistema selvaggio e senza morale: un regresso della storia, un fenomeno d’impoverimento civile che non avrà eguali. La cultura, lo sviluppo, la sensibilizzazione e con essi lo sviluppo cognitivo di ogni individuo tendono ad un deterioramento che può portare alla necrosi del pensiero, alla stasi intellettiva, quanto meno ad una disertificazione e ad un allontanamento dallo sviluppo delle idee, dei pensieri e delle memorie che sono il sale della vita. La tecnologia dall’Ottocento in avanti, fino ai nostri giorni, ha fatto passi da gigante, ma ha lasciato indietro le qualità sublimanti dell’umanità, che sono nell’ordine: la definizione del suo criterio discernitivo, lo sviluppo e la promozione delle sue cellule cerebrali e, ancora, l’uso della parola -il linguismo- che caratterizzano la condivisione delle idee e lo scambio del patrimonio genetico-intellettuali fra i propri simili. Senza questi elementi l’uomo vive la sua necrosi spirituale e decade nella scala dei valori, disertificando l’intero patrimonio di conoscenza che, con molte probabilità, segnerà in nero il suo percorso. Ma come avviene l’elaborazione intellettiva dell’individuo? egli attinge certamente al suo patrimonio genetico/cognitivo, ma sviluppa nel tempo le caratteristiche piene di una (ri)elaborazione culturale che lo porta a crescere. Siamo circondati dal sapere ad oltranza, da un’enorme quantità di libri invenduti, bombardati da milioni di mezzi interdisciplinari: informatica, internet, rampe satellitari, digitali terrestri etc. che ci portano dritti ad una conoscenza enigmatica, tenebrosa, colma di effetti speciali, di lampadine che si accendono, di input, di videocips, di sistemi virtuali, on line, ma coi tempi che corrono, (accade assai spesso), anche si spengono, perché il processo di meccanizzazione si arresta, la tecnica non può superare se stessa. il progresso è fatto di idee, di sani principi, d’intelligenza, non è un prodotto astratto che nasce da partogenesi meccanica della specie umana. Le turbe di oggi stanno proprio in questo defilarsi della coscienza e della intelligenza, nel non sapere o volere più progettare uno sviluppo -a posteriore- progredire dall’istruzione primaria, non fermarsi ad un presente, che non garantisce lo sviluppo individuale, poiché le facoltà dell’intero sistema cognitivo dell’uomo, si arrestano ad uno stadio che vanifica lo studio ulteriore. È come se tutto il sistema si atrofizzasse, senza capacità di recuperi. Si vive stentatamente nell’oggi, senza uno spiraglio di luce ulteriore. Del supporto della cultura non si dovrebbe essere sufficientemente sazi, come del cibo l’organismo per vivere, per star bene, crescere. In realtà le librerie sono stracolme di libri invenduti; vanno al macero tonnellate di volumi obsoleti, di tanti autori più o meno validi, che si arenano nella sabbia mobili di una desertificazione senza fine. Ma altri sono oggi i motivi dell’abbandono della cultura. Anche intellettuali di primo piano amano esporsi in TV a caricature dell’intelligenza, i programmi colti o almeno culturalmente preparati sono pochissimi, si tende a inquinare e contaminare l’intelligenza con aggressivi scenari televisivi, con tolk show, con palcoscenici mediatici che rasentano la leicità, il decoro. La massa tende alla schizofrenia fra l’individualismo materialistico ed edonistico e il guadagno facile e immediato che, di certo, la vera cultura non dà. Il dramma della nostra cultura è oggi un ripiegamento su se stessa, un pericolo assai fondato dovuto alla mancanza di criteri, di equilibri, di saggezza, ma anche e soprattutto alla diffusione di un modello di vita, che offre a piene mani più materialismo che spiritualità, più guadagno e successo, garanzie di risorse immediate, piuttosto che, contrappunti di scienza e di intelletto. La sapienza spirituale è divenuta un optional. La contemporaneità offre prodotti di più immediata presa, prodotti luccicanti, abbaglianti, fatti di lustrini e volgarità, che aspirano a criteri di valutazione egoistici e meschini, piuttosto che aspettare la fruttuosa eredità del dopo, conviene cogliere l’immediatezza e l’apparenza delle immagini, del presente fantomatico e vuoto. La ricchezza è una scatola chiusa che tutti vogliono scardinare per depredarne il contenuto: la trasformazione interiore è divenuta una lotta continua, contro la coscienza e, in tal senso, anche contro tempo, che si fa avaro e ci depreda. La distanza dall’essere a favore dell’avere si distanzia ogni giorno di più e porta le creature del mondo, ad appropriarsi dell’attimo fuggente, a proporre come sfida di vita il richiamo materiale, in grado di corrispondere alle aspettative effimere dell’utile. In questo deserto della Cultura, noi guazziamo come pesci fuor dell’acqua, ma quanto possiamo resistere prima di estinguerci? O almeno, le domande più impellenti sono: sapremo impostare la bussola verso un rieducazione delle coscienze? Sapremo rispondere alle attese di domani programmando e promuovendo le attese, le aspettative, i programmi del futuro, senza incorrere nel sistema nichilistico, che ci sta facendo smarrire tutte le coordinate degli umani sentimenti, del buon senso e dei valori, attinenti alla palingenesi del processo rigenerativo della specie? La Poesia s’infila tra le spire di questa paralisi intellettuale, e poiché è la sublimazione del pensiero, il suo più alto processo di elevazione, si spegnerebbe anch’essa, se l’uomo non ne difendesse la forza espressiva, la potenza del suo mandato. E infatti, sta per disgregarsi dal suo patrimonio di senso e di dissenso, manifestando appieno la sua necrosi e il suo declino. Sapremo riportare il timone e il sestante a pieno ritmo, senza impedire che la navigazione sia l’ultimo naufragio? Sapremo riprenderci in tempo per non inabissarci?
di (Ninnj Di Stefano Busà)
La contemporaneità corre il rischio di una desertificazione di massa. Chi non ha punti di riferimento, volontà propria e idee chiare asseconda un vento che disperde i semi della cultura, o li orienta debolmente verso quelli che sono i valori cognitivi e prioritari dell’intelligenza e del sapere. Ogni uomo è dotato per sua natura di un quoziente intellettivo almeno di media entità, ma se si lascia inaridire senza apportarvi un minimo di alimento si troverà ridotto ai minimi termini da un’impasse epocale, che sta riducendo l’individuo a fantoccio, nelle mani di un sistema selvaggio e senza morale: un regresso della storia, un fenomeno d’impoverimento civile che non avrà eguali. La cultura, lo sviluppo, la sensibilizzazione e con essi lo sviluppo cognitivo di ogni individuo tendono ad un deterioramento che può portare alla necrosi del pensiero, alla stasi intellettiva, quanto meno ad una disertificazione e ad un allontanamento dallo sviluppo delle idee, dei pensieri e delle memorie che sono il sale della vita. La tecnologia dall’Ottocento in avanti, fino ai nostri giorni, ha fatto passi da gigante, ma ha lasciato indietro le qualità sublimanti dell’umanità, che sono nell’ordine: la definizione del suo criterio discernitivo, lo sviluppo e la promozione delle sue cellule cerebrali e, ancora, l’uso della parola -il linguismo- che caratterizzano la condivisione delle idee e lo scambio del patrimonio genetico-intellettuali fra i propri simili. Senza questi elementi l’uomo vive la sua necrosi spirituale e decade nella scala dei valori, disertificando l’intero patrimonio di conoscenza che, con molte probabilità, segnerà in nero il suo percorso. Ma come avviene l’elaborazione intellettiva dell’individuo? egli attinge certamente al suo patrimonio genetico/cognitivo, ma sviluppa nel tempo le caratteristiche piene di una (ri)elaborazione culturale che lo porta a crescere. Siamo circondati dal sapere ad oltranza, da un’enorme quantità di libri invenduti, bombardati da milioni di mezzi interdisciplinari: informatica, internet, rampe satellitari, digitali terrestri etc. che ci portano dritti ad una conoscenza enigmatica, tenebrosa, colma di effetti speciali, di lampadine che si accendono, di input, di videocips, di sistemi virtuali, on line, ma coi tempi che corrono, (accade assai spesso), anche si spengono, perché il processo di meccanizzazione si arresta, la tecnica non può superare se stessa. il progresso è fatto di idee, di sani principi, d’intelligenza, non è un prodotto astratto che nasce da partogenesi meccanica della specie umana. Le turbe di oggi stanno proprio in questo defilarsi della coscienza e della intelligenza, nel non sapere o volere più progettare uno sviluppo -a posteriore- progredire dall’istruzione primaria, non fermarsi ad un presente, che non garantisce lo sviluppo individuale, poiché le facoltà dell’intero sistema cognitivo dell’uomo, si arrestano ad uno stadio che vanifica lo studio ulteriore. È come se tutto il sistema si atrofizzasse, senza capacità di recuperi. Si vive stentatamente nell’oggi, senza uno spiraglio di luce ulteriore. Del supporto della cultura non si dovrebbe essere sufficientemente sazi, come del cibo l’organismo per vivere, per star bene, crescere. In realtà le librerie sono stracolme di libri invenduti; vanno al macero tonnellate di volumi obsoleti, di tanti autori più o meno validi, che si arenano nella sabbia mobili di una desertificazione senza fine. Ma altri sono oggi i motivi dell’abbandono della cultura. Anche intellettuali di primo piano amano esporsi in TV a caricature dell’intelligenza, i programmi colti o almeno culturalmente preparati sono pochissimi, si tende a inquinare e contaminare l’intelligenza con aggressivi scenari televisivi, con tolk show, con palcoscenici mediatici che rasentano la leicità, il decoro. La massa tende alla schizofrenia fra l’individualismo materialistico ed edonistico e il guadagno facile e immediato che, di certo, la vera cultura non dà. Il dramma della nostra cultura è oggi un ripiegamento su se stessa, un pericolo assai fondato dovuto alla mancanza di criteri, di equilibri, di saggezza, ma anche e soprattutto alla diffusione di un modello di vita, che offre a piene mani più materialismo che spiritualità, più guadagno e successo, garanzie di risorse immediate, piuttosto che, contrappunti di scienza e di intelletto. La sapienza spirituale è divenuta un optional. La contemporaneità offre prodotti di più immediata presa, prodotti luccicanti, abbaglianti, fatti di lustrini e volgarità, che aspirano a criteri di valutazione egoistici e meschini, piuttosto che aspettare la fruttuosa eredità del dopo, conviene cogliere l’immediatezza e l’apparenza delle immagini, del presente fantomatico e vuoto. La ricchezza è una scatola chiusa che tutti vogliono scardinare per depredarne il contenuto: la trasformazione interiore è divenuta una lotta continua, contro la coscienza e, in tal senso, anche contro tempo, che si fa avaro e ci depreda. La distanza dall’essere a favore dell’avere si distanzia ogni giorno di più e porta le creature del mondo, ad appropriarsi dell’attimo fuggente, a proporre come sfida di vita il richiamo materiale, in grado di corrispondere alle aspettative effimere dell’utile. In questo deserto della Cultura, noi guazziamo come pesci fuor dell’acqua, ma quanto possiamo resistere prima di estinguerci? O almeno, le domande più impellenti sono: sapremo impostare la bussola verso un rieducazione delle coscienze? Sapremo rispondere alle attese di domani programmando e promuovendo le attese, le aspettative, i programmi del futuro, senza incorrere nel sistema nichilistico, che ci sta facendo smarrire tutte le coordinate degli umani sentimenti, del buon senso e dei valori, attinenti alla palingenesi del processo rigenerativo della specie? La Poesia s’infila tra le spire di questa paralisi intellettuale, e poiché è la sublimazione del pensiero, il suo più alto processo di elevazione, si spegnerebbe anch’essa, se l’uomo non ne difendesse la forza espressiva, la potenza del suo mandato. E infatti, sta per disgregarsi dal suo patrimonio di senso e di dissenso, manifestando appieno la sua necrosi e il suo declino. Sapremo riportare il timone e il sestante a pieno ritmo, senza impedire che la navigazione sia l’ultimo naufragio? Sapremo riprenderci in tempo per non inabissarci?