LA LIRICA "IL NOSTRO REGNO"
DI NINNJ DI STEFANO BUSA'
nel commento di Domenico Pisana
Il nostro regno è fatto di ore azzurre
che cantano nel cuore di ferite
al riparo dalla luce.
Ogni memoria lieve è gioco di difese,
come carezza nel buio
Un testo poetico emotivamente accattivante, carico di fascino e di mistero, questo che Ninnj Di Stefano ci propone, ove l’afflato lirico si colora di simbolismo e di rimandi interiori fortemente evocativi. La categoria chiave della poesia, il lemma “regno”, esula dalle concezioni terrene che essa richiama, per connotarsi, invece, come lembo di cielo “fatto di ore azzurre” . E che cosa può essere questo lembo di cielo se non l’abitazione dell’anima in cui il cuore della poetessa raggomitola “ferite al riparo della luce”? Ma è la memoria, testimone dello scorrere del tempo e degli accadimenti umani, a venire in soccorso (“è gioco di difese”), ad offrirsi come “carezza nel buio”, come terapia di guarigione.
In questa lirica ogni parola utilizzata è davvero carica di simboli e affacci analogici, e gli accostamenti “luce-buio”, “ferita-carezza”, “canto-gioco”, “riparo-difesa” costruiscono un’atmosfera mistica all’interno di quel “mondo spirituale” che si agita in ognuno di noi, ove ciò che regnano, spesso, non sono “ore azzurre” ma cirri tenebrosi che ci fanno soffrire e ci rendono infelici. Questo mi par di intuire dentro i versi di questa lirica breve, efficace, di sapore epigrammatico e di uno straordinario livello metalinguistico che solo poeti di solido spessore, di genuina ispirazione e di delicato sentimento possano portare dal non essere all’essere.
DI NINNJ DI STEFANO BUSA'
nel commento di Domenico Pisana
Il nostro regno è fatto di ore azzurre
che cantano nel cuore di ferite
al riparo dalla luce.
Ogni memoria lieve è gioco di difese,
come carezza nel buio
Un testo poetico emotivamente accattivante, carico di fascino e di mistero, questo che Ninnj Di Stefano ci propone, ove l’afflato lirico si colora di simbolismo e di rimandi interiori fortemente evocativi. La categoria chiave della poesia, il lemma “regno”, esula dalle concezioni terrene che essa richiama, per connotarsi, invece, come lembo di cielo “fatto di ore azzurre” . E che cosa può essere questo lembo di cielo se non l’abitazione dell’anima in cui il cuore della poetessa raggomitola “ferite al riparo della luce”? Ma è la memoria, testimone dello scorrere del tempo e degli accadimenti umani, a venire in soccorso (“è gioco di difese”), ad offrirsi come “carezza nel buio”, come terapia di guarigione.
In questa lirica ogni parola utilizzata è davvero carica di simboli e affacci analogici, e gli accostamenti “luce-buio”, “ferita-carezza”, “canto-gioco”, “riparo-difesa” costruiscono un’atmosfera mistica all’interno di quel “mondo spirituale” che si agita in ognuno di noi, ove ciò che regnano, spesso, non sono “ore azzurre” ma cirri tenebrosi che ci fanno soffrire e ci rendono infelici. Questo mi par di intuire dentro i versi di questa lirica breve, efficace, di sapore epigrammatico e di uno straordinario livello metalinguistico che solo poeti di solido spessore, di genuina ispirazione e di delicato sentimento possano portare dal non essere all’essere.