Quella luce che tocca il mondo di Ninnj Di Stefano Busà, prefazione di Emerico Giachery, Bastogi : titolo già di per sé emblematico di un quid che ci trascende.
di Daniela Quieti
Altissimi versi che toccano abissi d’anima, e per le quali necessitano attente riletture per afferrarne tutta la significativa profondità. Un’indagine esistenziale di pregiata vis poetica, un canto di verità che emoziona, commuove, schiude ‘giorni d’ambrosia’ in ‘un trionfo di riverberi alati’ dalle sembianze spesso amare, eppure celestiali, che liberano, elevano il ‘rastremare d’anima indifesa (…) tra foglie ostili (…) tentacoli d’argilla’.
Nell’‘inventario dei ritardi’, nel ‘tempo incarnato’, attraverso la ‘poca verità da custodire’, pensando ‘alla madre’ nella ‘stagione degli inganni’, l’Autrice cattura anche nell’indice lirico, come a delineare nuove melodie, accende bagliori di raziocinante speranza se ‘ancora cercheremo’, ‘corpo al vento’, fra ‘case bianche e libeccio’. Tutte le immagini metaforiche, rivelate da una cifra stilistica che s’innalza in verticale, invitano a un’intima meditazione sul bene e sul male, sull’enigma celato nelle notti inascoltate, abbandonate ‘alla solitudine rapace del tempo’ per ‘materializzarsi come frutto alla fame./ Refoli d’aria, storie di echi/ che ancora stringono fragranze’.
Ninnj Di Stefano Busà raccoglie e decanta in quest’opera il conflittuale inganno dell’anima che dal novecento dei nostri padri e maestri – Ungaretti, Montale, Luzi, per citarne alcuni – ci portiamo dentro e che, trasvolato sulle pagine, permea il disgregante malessere del nostro millennio eticamente diseredato.
Da qui l’anelito di ricongiungere il montaliano anello che sempre meno tiene: la poetessa riesce nell’impresa modulando un prezioso contrappunto di chiarità che si fa voce con il respiro ‘infinito di una grazia che tutto denuda’ per vestirsi ancora ‘della follia ardente del tramonto’.Espressione felicissima quest'ultima per esprimere il significante riverbero della vita che cede alla follia dell'attimo la sua naturale chiarezza e dimenticanza. Una poesia registrata tutta sulle riverberanze che rilucono nel raccogliere l'ultimo grido:una verità che annotta, pur mantenendo alto il livello dell'anelito primordiale che cattura l'ultimo spasimo di luce.
Sempre restano indenni nell'anima i respiri carpiti ad una materia fisica che li tradisce, e perciò, se non sappiamo sopperire alla coscienza adulta il nostro fabbisogno di amore, l'anima si richiude in se stessa, isterilisce e muore. Perché sapete? L'anima ha le cellule più vive dell'universo e quell'inappagato bisogno di felicità inestinguibile che risanguina dalla carne viva, fa da deterrente e da consolazione impellente; è linfa per le nostre arterie, è purificazione e <catarsi>
di Daniela Quieti
Altissimi versi che toccano abissi d’anima, e per le quali necessitano attente riletture per afferrarne tutta la significativa profondità. Un’indagine esistenziale di pregiata vis poetica, un canto di verità che emoziona, commuove, schiude ‘giorni d’ambrosia’ in ‘un trionfo di riverberi alati’ dalle sembianze spesso amare, eppure celestiali, che liberano, elevano il ‘rastremare d’anima indifesa (…) tra foglie ostili (…) tentacoli d’argilla’.
Nell’‘inventario dei ritardi’, nel ‘tempo incarnato’, attraverso la ‘poca verità da custodire’, pensando ‘alla madre’ nella ‘stagione degli inganni’, l’Autrice cattura anche nell’indice lirico, come a delineare nuove melodie, accende bagliori di raziocinante speranza se ‘ancora cercheremo’, ‘corpo al vento’, fra ‘case bianche e libeccio’. Tutte le immagini metaforiche, rivelate da una cifra stilistica che s’innalza in verticale, invitano a un’intima meditazione sul bene e sul male, sull’enigma celato nelle notti inascoltate, abbandonate ‘alla solitudine rapace del tempo’ per ‘materializzarsi come frutto alla fame./ Refoli d’aria, storie di echi/ che ancora stringono fragranze’.
Ninnj Di Stefano Busà raccoglie e decanta in quest’opera il conflittuale inganno dell’anima che dal novecento dei nostri padri e maestri – Ungaretti, Montale, Luzi, per citarne alcuni – ci portiamo dentro e che, trasvolato sulle pagine, permea il disgregante malessere del nostro millennio eticamente diseredato.
Da qui l’anelito di ricongiungere il montaliano anello che sempre meno tiene: la poetessa riesce nell’impresa modulando un prezioso contrappunto di chiarità che si fa voce con il respiro ‘infinito di una grazia che tutto denuda’ per vestirsi ancora ‘della follia ardente del tramonto’.Espressione felicissima quest'ultima per esprimere il significante riverbero della vita che cede alla follia dell'attimo la sua naturale chiarezza e dimenticanza. Una poesia registrata tutta sulle riverberanze che rilucono nel raccogliere l'ultimo grido:una verità che annotta, pur mantenendo alto il livello dell'anelito primordiale che cattura l'ultimo spasimo di luce.
Sempre restano indenni nell'anima i respiri carpiti ad una materia fisica che li tradisce, e perciò, se non sappiamo sopperire alla coscienza adulta il nostro fabbisogno di amore, l'anima si richiude in se stessa, isterilisce e muore. Perché sapete? L'anima ha le cellule più vive dell'universo e quell'inappagato bisogno di felicità inestinguibile che risanguina dalla carne viva, fa da deterrente e da consolazione impellente; è linfa per le nostre arterie, è purificazione e <catarsi>